domenica 27 febbraio 2011

Kierkegaard, "che tu sei e che la MORTE parimenti è" parte 2

Vorrei continuare a postare i miei pensieri su questo tema a me caro. La morte.
Dopo quello che ho scrittonel post precedente, se, a questo punto, riusciamo a capire il significato e l'origine di gran parte dei nostri atti morali, come ad esempio l'imperativo «non uccidere», nato proprio da quel senso di colpa di fronte al cadavere e che sorge dallo stesso conflitto descritto in precedenza, dobbiamo ammettere che anche queste spiegazioni alla fine servono a ben poco e dentro di noi permane quell'inquietudine, quelle incertezze riguardo l'attimo estremo.
Si ha come l'impressione che, alla fine, il problema sia ancora sfocato, si sia spostato verso l'Altro, non abbia centrato completamente l'obiettivo e non sia riuscito, così, ad attrarre completamente il nostro interesse, forse, proprio perché in Freud sembra sfuggire il nostro vissuto esistenziale.
A questo punto la ricerca sembra già finita, sembra segnare come esito l'impossibilità di fissare lo sguardo in un problema tanto radicale, l'incapacità di parlare sensatamente di un evento che lascia letteralmente senza parole -- non a caso anche nel mondo moderno si è cercato di sostituire la parola «morte» con eufemismi e modi di dire codificati dalla società come, ad esempio, «essere passato a miglior vita», «essere dipartito», «essere mancato»... come se, alla fine, queste frasi fatte e tutta una serie di rituali, dalle condoglianze alle prediche rassicuranti quanto fataliste delle religioni, volessero offrirci delle risposte prefabbricate, cercando in tutti i modi di distoglierci da una riflessione autonoma.

" è vero e proprio dolore quello che si prova quando lo scomparso era carne della tua carne, sono le doglie del parto della speranza immortale quelle che si provano quando la morta era la tua amata, è l'esplodere sconvolgente della serietà quella che si trova quando il defunto era la tua unica guida e la solitudine ti assale. Ma fosse anche tuo figlio, fosse anche la tua amata e fosse anche la tua unica guida, è pur sempre uno stato d'animo [...]
Serietà è pensare veramente la morte, pensarla cioè come la tua sorte, e comprendere così ciò che la morte non può farti comprendere: che tu sei e che la morte parimenti è" .


Søren Kierkegaard, Accanto a una tomba, il Melangolo, 1999, p. 41


E questa è solo la seconda parte .. alla prossima ... :).

Raniero

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