sabato 5 febbraio 2011

Presentazione o Rappresentazione

questa è la mia battaglia personale, la rappresentazione o la presentazione, ossia l'astratto e il figurativo. L'opera che presenta se stessa o che rappresenta. Devo confessare che adoro la figura umana, la sua rappresentazione, quasi maniacale nei particolari, anche se non proprio iperrealista, come mezzo per esprimere delle emozioni, delle condizioni umane, coscienti o incoscenti che siano. Ma sento pure delle pulsioni interiori verso la libera presentazione di macchie di colore, di astrazioni frutto del momento, dell'istante libero da architetture e da studi.
Kandinskij dopo aver indicato i due poli fondamentali della ricerca artistica moderna nella "GRANDE ASTRAZIONE" e nel "GRANDE REALISMO" e aver individuato in essi due vie che convergono, in ultima analisi, VERSO UN FINE UNICO, lo stesso Kandinskij dichiara <<questi due elementi sono sempre esistiti nell'arte, dove venivano considerati l'uno l'elemento "PURAMENTE ARTISTICO" e l'altro quello "OGGETTIVO"Il primo si esprimeva nel secondo, mentre il secondo era al servizio del primo. Nel raggiungimento di un perfetto equilibrio di questi due elementi si ricercava il punto più alto dell'ideale. Oggi pare che questi'ideale non costituisca più un fine, che il giogo a cui erano appesi i piatti della bilancia sia scomparso e che i due piatti tendano a condurre un'esistenza separata come unità autonome, reciprocamente indipendenti>> (tratto da "Tutti gli scritti", volume 1 di Vasilij Kandinskij, lo si può leggere online in google libri). Non a caso parto dal maestro Kandinskij che circa 100 anni fa, era il 1912, ipotizzava questa separazione in quanto se l'arte non è più rappresentazione e la rappresentazione è la verità dell'arte in rapporto con il reale, allora l'arte è pura convenzione, al limite è una bugia, (ricordate la pipa di Magritte? Ceci n’est pas une pipe, 1928-29). Picasso affermava, nel 1910:
 <<tutti sappiamo che l'arte non è la verità. L'arte è una bugia che ci fa raggiungere la verità, perlomeno la verità che ci è dato di comprendere >>. Con l'abolizione della similarità e della metafora, il quadro non rinvia ad altro da se stesso, diventa un oggetto intransitivo, che non RAPPRESENTA ma PRESENTA se stesso. Ma ... non si corre il rischio che l'arte diventi esclusivamente fine a se stessa, senza rinvii ad altro?'E proprio in quel periodo si affacciava un nuovo movimento artistico il Futurismo che con la figura di Boccioni trova nuova forza e "dinamicità", infatti:<< È il momento in cui l'artista, pur di sfuggire al procedimento imitativo che lo fa cadere inevitabilmente nella più logore apparenze, vi sostituisca la realtà stessa. Appena questa realtà entra a far parte della materia elaborata dell'opera d'arte, le sue dimensioni, il contrasto che suscita, ne trasformano l'anonimo oggetto e l'incamminano a divenire elemento elaborato>> Ma non fu Boccioni, forse per la sua prematura scomparsa, a passare dal "prelievo" al ready-made, infatti il salto decisivo attraverso un varco stretto lo fece solo Duchamp che nel 1917 decise d’esporre l’orinatoio di porcellana.
Ma questa è un'altra storia, dall'analitica alla concettuale .....

Il mio dilemma resta immutato, e non troverà, a breve, una soluzione, mi lascio guidare dalle mie emozioni dell'istinto ma soprattutto dal vivere nelle contraddizioni di tutti i giorni.
Alla prossima ....

Raniero

Fonti:
Vasilij Kandinskij "Tutti gli scritti", volume 1
Filiberto Menna la linea analitica dell'arte moderna

1 commento:

  1. Salve Raniero.
    Non so quanto possa essere utile in merito a questo tema la mia riflessione, che certamente non ha la pretesa di risolvere la contraddizione di cui parli. L' esperienza artistica dimostra tuttavia come ogni artista, nella ricerca di un proprio linguaggio artistico, abbia trovato, attraverso la rappresentazione, una soluzione personale, oggettiva all'interno di queste due polarità: quindi perchè non conciliare una rappresentazione iperrealista con una componente astrattiva? In arte tutto è possibile finanche la inconciliabilià degli opposti, ovvero quel lasciar convivere nella stessa rappresentazione intenzioni contradditorie e dissonanti. Al limite assumere un linguaggio artistico che rifiuta la "coerenza" e la riconoscibilità di uno stile personale e che si presenti invece, variabile, cangiante e duttile in funzione dei contenuti da rappresentare. Del resto, uno degli insegnamenti, che si può trarre dall'opera di Picasso è proprio quella libertà dalla coerenza imposta da uno stile, una etichetta o da un "ismo" astratto o figurativo che sia.
    Saluti. Donato

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