Ho trovato questo video che è veramente IL MIGLIOR DISCORSO DEL MONDO del Presid Josè Mujica.
Lo inserisco qui perché merita
Ho creato questo blog per raccontare la mia arte. Una sorta di diario, di collegamento, per poter leggere, lasciare una traccia del vostro pensiero, un commento o un'opinione.
La forma e il vuoto. | ||
" Forma e vuoto " Mi sono chiesto che relazione ci possa essere tra la forma di un oggetto e lo spazio vuoto che interagisce con esso. " la forma e il vuoto, il contenuto e il contenitore", anzi riusciamo a riconoscere la forma, l'oggetto, dal vuoto che lo identifica. Sembra essere più importante il vuoto che non il contenitore anche se singolarmente non contano "nulla". Così ho preso delle forme molto comuni e ho dato solidità al vuoto che va perso una volta che ritorna alla sua origine, al nulla. | ||
Diventa quasi cone un gioco, il nulla ricorda il contenuto, la forma ricalca il contenitore. Avendo preso contenitori molto comuni riuscite a riconoscere il contenitore dal suo vuoto? provate, il nulla che prende forma appunto. Qui a fianco due particolari | ||
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Ecco l'alternativa per compiere il VIAGGIO e "visitare" gli appunti. | ||
Viaggio 1 | ||
Viaggio 2 | ||
Viaggio 3 | ||
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“È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li
immagino li creo; se li creo esistono; se esistono li vedo. […] La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.” Fernando Pessoa, Il libro dell'inquietudine Negli ultimi decenni diversi sociologi e antropologi hanno cercato di delineare i caratteri e le modalità del viaggiare nella nostra epoca, tracciando un quadro molto complesso di esperienze e di confronti, all’interno del quale si inserisce una discussione sul cambiamento del contesto culturale e dunque la necessità dell’uomo contemporaneo di ricercare una propria identità. Anche la dimensione dell’arte si è interrogata sui mutamenti in corso, collegati alle ricerche artistiche in continua trasformazione e ha fornito una sua interpretazione sugli sviluppi più recenti, continuando allo stesso tempo a dialogare con la tradizione. La mostra “VIAGGIO dentro-fuori-attraverso” diviene quindi un’occasione per ripensare alle dinamiche degli spostamenti e ai loro significati all’interno della società attuale. I viaggi e le esplorazioni consentono di modificare le abitudini e la mentalità di popoli e singoli individui, che per incontrare e conoscere nuove culture devono rinunciare temporaneamente all’identità collettiva d’origine, conquistando una diversa consapevolezza del mondo. Le motivazioni del viaggio sono state diverse nel corso della storia: si viaggiava per motivi commerciali, politici, per devozione, per spedizioni militari. Si viaggiava anche per interesse della conoscenza, e furono proprio questi scambi a ridefinire il profilo culturale di un paese in un determinato periodo storico. Queste commistioni spontanee e non dettate da imposizioni a seguito di conquiste territoriali cominciarono a verificarsi soprattutto con il Rinascimento e la rivalutazione del ruolo dell’uomo; dal Cinquecento in Europa i letterati e gli artisti, per completare la propria formazione, compivano il Grand Tour, il viaggio attraverso le corti e i centri culturali più vivaci, stimolando continui raffronti ma anche riscoperte del passato. L’Italia era la meta più importante per lo studio delle antichità, in quanto custode materiale delle bellezze classiche, che potevano essere osservate e copiate dal vivo. La tradizione del Grand Tour come viaggio di formazione durò circa fino all’Ottocento; in questo secolo la comodità borghese prese il sopravvento sui rischi e le difficoltà di un lungo spostamento, e il viaggio cominciò ad essere inteso come motivo di piacere e non più solo come riscoperta della cultura. Nel corso degli ultimi due secoli abbiamo assistito al ridisegnarsi della geografia territoriale, che ha portato le ben note conseguenze, come lo stanziamento nelle città delle popolazioni che abitavano in campagna; questo fenomeno è avvenuto periodicamente nella storia dell’uomo ma nel secolo scorso è stato cruciale per il cambio di valore del viaggio. Si è affacciata nelle nostre abitudini la modalità di viaggio denominata turismo di massa, che ha stabilito nuovi propositi e una diversa percezione degli spostamenti, sentiti come esigenze fisiche e psicologiche. Si continua a compiere “pellegrinaggi” culturali, verso le più importanti destinazioni storico-artistiche, ma anche in luoghi lontani per visitare una sola opera. Questo è l’intento della Land Art, o Arte Ambientale, corrente sorta negli anni Settanta; i land artists denunciano i drastici interventi dell’uomo sulla natura, e intervengono loro stessi sul paesaggio, preferendo grandi spazi all’aperto o i deserti, per creare un’opera in un ambiente ancora incontaminato. Per fruire queste creazioni è necessario mettersi in viaggio, ritrovare un legame con la natura, e il visitatore è portato a vivere un’esperienza non solo visiva ma anche mentale. Il viaggio è infatti un percorso anche interiore, che risponde al desiderio di elaborare una nuova coscienza, e permette all’uomo di confrontare se stesso con altre culture. E quindi nella nostra epoca di spostamenti a livello globale come si è modificata la dimensione del viaggio? Con i mezzi di comunicazione di massa e le potenzialità di Internet possiamo visitare virtualmente luoghi un tempo solo immaginati e organizzare in anticipo le tappe di un viaggio; il senso dello spostamento tradizionale si è evoluto, e l’esperienza virtuale si intreccia ora con il viaggio intrapreso fisicamente. Questa “esperienza mediata”, come viene definita, grazie alla quale acquisiamo informazioni sulla meta da raggiungere prima di recarvisi, non è considerata meno importante e profonda del viaggio reale, poiché viene a costituire un primo approccio con la destinazione scelta; quando il viaggio concreto viene compiuto si enfatizzano le emozioni elaborate durante l’attesa e si ritrova una nuova consapevolezza. Edgar Morin scriveva che “la conoscenza è una navigazione in un oceano di incertezze attraverso arcipelaghi di certezze”. Le incertezze e le insidie che un tempo gravavano sui viaggiatori si possono dissolvere più facilmente nell’era digitale, che tuttavia svela anche l’altro lato della medaglia; in un’epoca di continui movimenti e interazioni si devono fare i conti con l’ingente fenomeno dell’emigrazione di nuclei sociali che affrontano i rischi di un viaggio spesso in condizioni allarmanti con la speranza di ricominciare altrove una vita dignitosa. L’arte ha recepito e spesso anticipato le dinamiche e i cambiamenti in atto nella società e presta continuamente la sua esperienza per fornire un’interpretazione sincera, e a volte scomoda, degli eventi nel loro sempre più rapido e fluido divenire. L’attuale panorama culturale è in continua trasformazione, non catalogato da etichette e non racchiuso entro specifici confini; la scena artistica attuale, che interseca i più diversi ambiti, volge la sua ricerca a tutte le sfaccettature del reale, attraversando frontiere geografiche e intellettuali, in un costante processo di scambio. Gli artisti dell’Associazione Paolo Capovilla hanno riflettuto con i loro lavori sul multiforme contesto nel quale si trovano ad operare, che si intreccia con il complesso concetto di viaggio dell’uomo e della sua condizione. Alcune opere costituiscono presentazioni di viaggi, nelle quali gli artisti si sono confrontati con temi e forme del passato, altre sono rappresentazioni di viaggi che stringono un dialogo con le tendenze globali. Lo spettatore è invitato a interagire con questo percorso, per creare nuovi spunti e riflettere sulla globalizzazione della cultura. I protagonisti di questa esposizione sono coinvolti allo stesso modo nel tentativo di elaborare una “rotta”, un viaggio appunto, che segua come chiave di lettura la ricerca di una nuova identità dell’uomo contemporaneo e il procedere stesso dell’arte dentro, fuori e attraverso i suoi meccanismi. Chiara Rizzante | ||
27/7 ore 19:00 inaugurazione. 31/7 ore 19:00 proiezione del documentario "Stranieri in Patria" di Roberto Citran e Gianni Ferraretto. 02/8 ore 21:00 "Viaggio nella Mente", si può fare? Riflessioni di Manuela Tirelli, psicologa e psicoterapeuta e proiezione del film “Si può fare" di Giulio Manfredonia con Claudio Bisio. 03/8 ore 19:00 Reeta Pawone era nelle BR Musica dal vivo. 07/8 ore 19,00 presentazione del libro "Pangli - una storia Hippy" di Enrico Zorzato. 09/8 ore 21,00 proiezione del film "il muro di gomma" di Dino Risi e presentazione dell'istallazione "Ustica". 20/8 ore 19:00 presentazione libro "Balkanaf" di Simone Settimo, presentazione di Gianni Umicini. 22/8 ore 19:00 poesie di viaggio in collaborazione con "I Nuovi Samizdat". 23/8 ore 19:00 geografia sacra e cosmovisione: viaggio nella geografia dei luoghi e dell'anima di Sandro Pravisani. 26/8 ore 19:00 presentazione del libro "Yugoland in viaggio per i balcani"di Andrea Ragona e musica balcanica con Ajde Zora. | ||
Padova 28 luglio - 26 agosto 2012 Ex Macello, via Cornaro 1 | ||
Queste sono le opere che presenterò. In questo contesto la rappresentazione concettuale del viaggio viene subordinato ad un “viaggio virtuale” attraverso strumenti elettronici (quali smartphone e App) e grafici (codice a barre bidimensionale) che ci guidono e conducono in un luogo altro, al di fuori delle mura fisiche della mostra, in cui poter fruire del lavoro dell'artista anche in altri momenti. Perciò un viaggio per il viaggio, con veri e propri mezzi, con il desiderio di viaggiare e di scoprire altrove le sorprese del viaggio stesso che in questo caso sono dei veri e propri appunti di viaggi di luoghi e di istanti trasformati in disegni. | ||
Dunque una sorta di scatole cinesi, una metafora del viaggio con un viaggio attraverso una rete, non stradale ma di collegamenti informatici tramite i quali visitare altri luoghi e, come un vero e proprio viaggio, prendere possesso del visto per poterlo rivedere. Come ogni viaggio che si rispetti, non è alla portata di tutti, anche se speriamo siano molti a fare questa esperienza del “viaggio virtuale” portandosi via con se la conoscenza di una nuova strada per ritrovare e riprovare le emozioni del viaggio attraverso le opere dell'artista. Munitevi di uno smartphon, o affiancatevi a una persona che ce l'ha, altro effetto collaterale del viaggio ossia la condivisione, installate una qualsiasi App gratuita di scansione di codici a barre, | ||
vi consiglio QR CODE CITY SCAN per esempio, allacciatevi le cinture e lasciatevi guidare da queste grafiche.
Si potranno vedere alcuni disegni di luoghi e situazioni particolari, alcune rappresentazioni di viste da un finestrino e un paesaggio della memoria, praticamente momenti significativi di viaggi personali in questi ultimi anni. A presto si potranno vedere gli appunti di viaggi anche per chi non ha uno smartphone. | ||
Info
orario: | ||
Raniero è innanzitutto un uomo, con le sue passioni, i suoi ideali, sogni e delusioni. È una persona pacata ma risoluta, capace di “urlare” tutto un mondo di stati d’animo, ma sottovoce. | ||
Ad un primo colpo d’occhio, la tensione erotica che si sprigiona dai corpi nudi e costretti dalle corde delle due donne sembra essere il motore principale delle opere; Raniero asseconda il voyeurismo dello spettatore, si delizia nel delineare le morbide curve del corpo femminile, i cui sensuali dettagli sono spesso oggetto della sua attenzione artistica vedi pure "Morso al buio". “I disegni hanno un impatto dal punto di vista erotico e dal punto di vista del pensiero” spiega Raniero, “chi si ferma al primo, si ferma all’aspetto figurativo e non al simbolo”.Ecco dunque lo “stereotipo”: lo Shibari, meglio noto come Kinbaku è un’antica forma artistica di legatura giapponese che racchiude in sé molti stili ed utilizzi, e fa riferimento ad altre forme artistiche tradizionali giapponesi come Ikebana, Sumi-e (pittura con inchiostro nero) e Chanoyu (cerimonia del tè). Tra i vari utilizzi dello Shibari si possono citare: | ||
scultura vivente dinamica, pratica meditativa condivisa, rilassamento profondo per la flessibilità del corpo e della mente. Nello Shibari il Nawashi (artista della corda, ossia colui che esegue la legatura) esegue disegni e forme geometriche che creano un meraviglioso contrasto con le curve naturali ed i recessi del corpo femminile. La consistenza e la tensione delle corde creano un contrasto visivo con la pelle liscia e le curve, sottolineando la morbidezza delle forme corporee. La modella diventa come una tela, e la corda è il colore ed il pennello. Questo contrasto viene ulteriormente enfatizzato dall’utilizzo di modelle dalle forme giunoniche, le cui curve generose compresse dalle corde creano forme e giochi di luci ed ombre ancora più evidenti. Chiaramente questa pratica ha un risvolto erotico e, soprattutto in Occidente, è stato recepito come quasi esclusivamente come quell’insieme di quelle pratiche sessuali | ||
di costrizione fisica ai soli fini di eccitare il pubblico. Raniero va oltre, come dicevamo, la recezione puramente sessuale di quest’arte, e ne sfrutta le potenzialità spettacolari per attirare il nostro sguardo e portarci a riflettere su cosa quelle corde, quelle donne costrette in catene – che troviamo anche in altri lavori come possiamo vedere qui a fianco "Siamo tutti prigionieri" - vogliono comunicarci. La parola d’ordine è: costrizione. Fisica e mentale, e radicata nell’animo, in profondità. La costrizione comune all’intero genere umano, teso verso il desiderio di abbandonarsi alle passioni e agli istinti e dall’altra parte dalla necessità di reprimerli, tra la volontà di dare libero sfogo alla propria indole e il piegarsi ai doveri – e su questo punto ricordiamo i cenni biografici dello stesso Raniero che intraprese gli studi ed il lavoro di ingegnere, | ||
ma che nel 2007 diplomandosi al Modigliani ha dato il via a una sorta di “rinascita esistenziale" la volontà artistica era sempre lì, latente, costretta a rimanere sottopelle, ma la “gabbia” è stata aperta ed è iniziata l’avventura artistica. Alcune “corde”, alcuni nodi permangono ancora, ed è a questi che dà voce attraverso le immagini-simboli che abbiamo visto. per quanto riguarda le opere esposte in occasione di questa mostra, al di sotto della piacevole interfaccia lo sguardo malinconico e la rete che fa da sfondo a Scarpette rosse e la posizione di spalle di Corde 1 ci fanno presentire e riflettere su una situazione che, certo, non sembra desiderata dai soggetti che la subiscono. Il gioco duale tra costrizione ed erotismo si trova anche in un grande artista giapponese contemporaneo: | ||
Nobuyoshi Araki, alcuni esempi di opere qui a fianco, classe 1940, è sicuramente molto provocatorio nei suoi scatti, e non nasconde che suo scopo è anche quello di esprimere la sensazione del contatto con il corpo femminile. Araki scatta, tra il 1979 e il 1983 una serie di foto intitolate Bondage. “Tecnicamente parlando, il bondage è una pratica sessuale che incapsula il corpo in maniera più o meno costrittiva e con elementi di diverso tipo, dalle corde alle catene a corsetti di pelle molto fetish, | ||
così da esercitare sulla vittima un controllo quasi assoluto, una coercizione fisica che la esponga a qualsiasi genere di sacrilegio, di crudeltà” (Fabbri, p. 107).In questo modo non può che ricordarci molte pratiche di Body Art di fine anno 60 e anche gli oggetti impacchettati da Christò. Nel caso di Araki però il “già fatto” che viene impacchettato, legato, sono persone,che mediante queste pratiche banalizzano, stereotipizzano delle estremizzazioni sessuali. Anche in questo caso però, l’artista va oltre, sveste i panni del morboso documentarista di perversioni per indossare quelli del ritrattista | ||
di corpi straniati. La solitudine dei corpi, i volti spesso contriti, non possono che farci provare, a un certo punto, la pietà che si prova per l’animale preso in trappola. Non a caso Araki fa un altro scatto che, a prima vista, col bondage sembra c’entrare poco: nell'opera qui a fianco riportata uno scorcio di città attraversata dai fili del tram, non sembra anch’essa legata da questi fili? Quasi soffocata dai mezzi della modernità? | ||
Un altro particolare interessante lo troviamo in "Scarpette rosse", ed è già il titolo a indicarcelo: queste scarpe rosse spiccano nel disegno realizzato totalmente in matita. Esse richiamano la passione, l’eros, ma anche la condizione femminile obbligata a un’esibita sensualità, forse ultima possibilità di sentirsi accettata, unico modo vano per evitare la solitudine. Questo tema viene largamente trattato da una giovane artista, Valeria Agostinelli, vediamo alcune opere qui a fianco, nelle quali ricorrono, come soggetto prediletto, le scarpette rosse, spesso calzate da gambe magre e lunghe; esse sono simbolo della fragilità femminile di fronte alla violenza insita nella vita, di una remissività nei confronti della volontà di possesso maschile, vi è una “attrazione-repulsione per un destino segnato, che fa loro offrire l’invito erotico di una "scarpa rossa”. | ||
Abbiamo visto quindi come l’Oriente, con il suo scoperto erotismo, nascosto ed esibito allo stesso tempo, abbia influenzato anche l’immaginario occidentale, portando a interpretare, a dare volto e corpo ai disagi e alle oppressioni del genere umano. Raniero lo coglie, lo fa suo, in un percorso inverso che, dal mondo digitale di cui faceva parte, lo porta a una riscoperta artigianalità, all’uso di tecniche classiche, “il significato” spiega Raniero, | ||
"insieme alle tecniche mi danno modo di dire qualcosa . . . quella cosa prima di essere vista è stata vissuta, toccata e ritoccata, pensata, prodotta e infine mostrata". | ||
Ponte ad Oriente |
Mostra d'arte contemporanea all'interno dell'evento "Ponte ad Oriente" coordinato dal centro arti marziali Yu Shin Kan organizzato in collaborazione con il Comune di Ponte San Nicolò e con l'AICS. |
Presentazione il 24 Aprile 2012 ore 21:00
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